Questo mese siamo felici di presentarvi Cassiano Luminati, Direttore del Polo Poschiavo, e responsabile del mese per il tema agricoltura di montagna.
L'abbiamo intervistato e abbiamo raccolto alcuni interessanti spunti sul suo lavoro e sulla sua visione per l’agricoltura di montagna al 2050.
Ti invitiamo a proseguire con la lettura o a guarda questo video dedicato all’evento Ora del Clima organizzato a Valposchiavo il 5 giugno 2021.
Quale è il motivo che ti ha spinto a diventare Caretaker per il tema “agricoltura di montagna”?
Il motivo risiede nel fatto che da molti anni mi occupo di progetti e strategie territoriali strettamente legati all’agricoltura tradizionale di montagna e alla valorizzazione e salvaguardia dei saperi tradizionali ad essa collegati.
La mia storia inizia nella Valposchiavo, una piccola valle di lingua italiana nel sud del Cantone svizzero dei Grigioni.
Da oltre quindici anni la Valposchiavo ha messo l’agricoltura al centro delle sue strategie di sviluppo, rilanciando tutte le filiere agroalimentari con visibili benefici sull’economia locale, il paesaggio e il turismo. Inoltre, molte sono le esperienze e le attività di messa in rete delle comunità e istituzioni di tutto l’arco alpino. Attraverso queste esperienze ho potuto conoscere e sperimentare di persona la ricchezza e il potenziale per il futuro dell’agricoltura alpina su piccola scala.
La salvaguardia dell’immenso patrimonio di conoscenze e tradizioni legate alle filiere agroalimentari alpine che abbiamo iniziato a mappare e catalogare nell’ambito del progetto AlpFoodway, rappresenta per me la principale ragione del mio impegno come Caretaker. Questo perché in tutto ciò vedo una delle chiavi per uno sviluppo comunitario e territoriale specifico che mette al centro i bisogni della popolazione locale.
Quali sono i vantaggi di una rete alpina nel settore dell'agricoltura di montagna?
I vantaggi di una rete panalpina nell’ambito dell’agricoltura di montagna sono legati al fatto che solo attraverso la messa in rete è possibile rendere visibile e comprendere ciò che accomuna le comunità alpine in questo ambito, creando così una base condivisa per poter sviluppare strumenti adeguati ad affrontare le sfide future.
È per questo che, insieme a molti altri, mi impegno attivamente per l’iscrizione del Patrimonio alimentare alpino nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO: una candidatura multinazionale costruita sui valori comuni che sono alla base delle produzioni agroalimentari alpine e basata sui saperi tradizionali delle singole comunità.
Un riconoscimento questo che porterà l’agricoltura alpina di piccola scala e le filiere ad essa collegate in una nuova dimensione di valorizzazione e visibilità, e sarà anche l’occasione per sviluppare nuovi ed innovativi approcci multilivello per le politiche agricole, economiche, ambientali e culturali.
Puoi esprimere un solo desiderio: come immagini l'agricoltura alpina di montagna nel 2050?
Nel 2050 mi immagino un’agricoltura di montagna sana, che abbia saputo anticipare e adattarsi ai cambiamenti climatici attraverso l’innovazione, la creatività e la valorizzazione dei saperi tradizionali. Un’agricoltura che rispetti pienamente le risorse naturali; che abbia mantenuto il suo legame con il proprio patrimonio culturale innovandolo e trasformandolo in un importante asset commerciale.
Una agricoltura capace di produrre prodotti di alta qualità, rispettosa dell’ambiente, della biodiversità e del patrimonio culturale; al centro dello sviluppo economico e turistico per molti territori attraverso la collaborazione con tutti gli altri settori economici, culturali e sociali. Un settore capace di prendersi cura dei paesaggi culturali e produttivi a qualsiasi altitudine, nonché fonte di reddito per molte famiglie.
Forse ho esagerato con i desideri, ma è così che immagino l’agricoltura di montagna del futuro e, nel mio piccolo, mi impegno quotidianamente per raggiungere questi obiettivi, poiché sono convinto che il cambiamento nei sistemi complessi inizi sempre dal basso.